Filippo Carcano pittore   (Pagine 130 )      Fonte : Filippo Carcano pittore - 1916

{\rtf1\ansi\ansicpg1252\deff0\deflang1040{\fonttbl{\f0\fnil\fcharset0 Arial;}} \viewkind4\uc1\pard\fs24 Filippo Carcano nacque a Milano nel 1840 - in un'ora di cordoglio nazionale, mentre in ogni regione della terra nostra i dominatori soffocavano le aspirazioni della riscossa - e vide e \par conobbe nei primi tempi della sua esistenza tutti gli agguati d'una dominazione secolarmente feroce. A otto anni il destino lo mise al cospetto della rivolta di Milano, che per cinque \par memorabili giornate aveva tradotta in pratica la storica minaccia di Piero Capponi, mordendo la frusta ond'era stata piagata in un trentennio di percosse: sicch\'e8 egli ebbe l'infanzia \par complicata di tutte le gioie e di tutti gli schianti che assorbivano allora gli spiriti e gl'intelletti della gente dl'Italia. \par La tranquillit\'e0 relativa del portico dei Figini, un vecchio ridotto abbattuto pi\'f9 tardi dagli edili irrequieti, ove suo padre aveva bottega, il desiderio di sfuggire alle costrizioni della \par grammatica per il gusto di dar figura a certe sue forme interiori, l'ostinata irreconciliabilit\'e0 del padre per le arti in genere e particolarmente per la pittura, le oscure previsioni d'un \par pedagogo mediocre e molti e troppi altri spunti biografici, onde questa infanzia \'e8 fatta simigliante a quella di tanti altri che poi furono rinomati, tendono a fare di Filippo Carcano un \par ribelle precoce, innamorato di grande idee; ma sono e vanno considerati come la cianfrusaglia romantica che non sappiamo disgiungere dall'inno ai trionfatori, e all'anima di lui - trepidante e \par incerta come \'e8 la fanciullezza - non aggiungono un solo raggio di luce. La cornice del suo primo tempo \'e8 ben pi\'f9 ampia e va oltre il breve confine della casa paterna, verso tutte quelle \par manifestazioni della vita politica e artistica, che furono il lievito di quel periodo di spasimo e di doglia. Aver voluto piuttosto dipingere che smerciare a una clientela di donnette il \par filo pei loro rabberci \'e8 un fatto comune, \'e8 il processo intuitivo di ogni anima di fanciullo, che, oltre le soglie della casa paterna, desidera largure sconosciute, e, come il seme costretto \par tra le zolle, si aderge ampio e solatio con tutta la festa del suo fogliame. C'\'e8 altro invece in quella immaturit\'e0 che s'avvia inconscia alla conquista; altro che non \'e8 nuda e abituale \par esaltazione biografica, non superficiale constatazione di "ambrosianesimo"; ma tumulto di coscienza: per quanto inesperta, votata gi\'e0 a colmare un suo baratro intimo. \par Gli ambrosiani non ridevano allora, quando ogni loro sorriso si mutava in singhiozzo, quando per ogni angiporto incontravano la bestialit\'e0 dominatrice e tracotante, quando le donne e le \par loro figlie giovinette non avevan riparo sicuro neppure nelle proprie case, e tutto era violato e tutto manomesso. Gli ambrosiani passavano tristi e silenziosi, ombre in attesa nelle notti \par della citt\'e0 insofferente, n\'e8 l'unico lumicino, che tremolava in piazza del Duomo, simbolo della loro anima penante, li sottraeva ad aggressioni improvvise. Dopo l'epopea delle cinque giornate, \par le porte vietate agli stranieri si apersero ancora una volta alla triste oppressione; il sangue non era stato versato invano, ma la bestialit\'e0 magiara e l'incontinenza croata furono pi\'f9 \par efferate ancora nel ricordo della cruenta disfatta. \par Filippo Carcano conobbe in sedici anni tutto il dolore della sua gente e assistette al fremito vasto che percorreva la penisola urgendola verso la sollevazione definitiva; vide partire pei \par campi molti dei suoi compagni che non dovevano tornare pi\'f9; senti gli squilli di tutte le fanfare di guerra; eppure non partecip\'f2 mai a moti di folle, a cospirazioni di gruppi, a preparazioni \par di rivolte. Il suo amor di patria ebbe una sintesi ben diversa e non gli diede neppur per un'ora enfasi rivoluzionarie; il suo orizzonte di giovinetto semplice si limitava alla sua scuola, \par dove i romantici appena usciti dalla tutela dell'accademismo, stimavano di aiutare il popolo e il suo fervore di libert\'e0 colle loro tele scenografiche: illustrando gli episodi italiani \par dell'et\'e0 di mezzo con tranquillit\'e0 troppo meditata per non essere mediocre indifferenza. La pittura e la scultura seguivano con mite obbedienza la poesia romantica: paghe dell'illusione di \par contribuire agl'impulsi popolari: scambiando spesso per gesto eroico uno sbadiglio pusillanime, infestando le gallerie di soggetti storici raccattati ai manualetti delle classi primarie. \par C'era nelle scuole accademiche di quel tempo una specie di regolamento morale imprescindibile, che imponeva alla coscienza di ogni giovane artista il suo storico saggio neo-romantico: perch\'e8 \par il Paese aveva bisogno di torre in prestito alle glorie antiche il desiderio di aggiungerne delle nuove. Colpa non dei migliori, che si chiamavano Stefano Ussi, Lorenzo Bartolini, Francesco \par Hayez, Bernardo Celentano; ma dei mediocri, che credevano con troppo buona fede a un loro mandato eroico-artistico. N\'e8 pure si accorgevano che mentre essi stemperavano nei soggetti romantico-storici \par le ultime "pieghe" colorite degli accademici, da Solferino a Marsala, da San Martino a Palermo schiere pi\'f9 numerose e pi\'f9 audaci dipingevano col sangue il quadro pi\'f9 vasto della libert\'e0. \par \par Filippo Carcano, che pur doveva pagare all'Accademia il suo tributo storico, per vincere le paterne riluttanze e per attenuare le diffidenze dei maestri, sent\'ec che nelle grandi sale della \par scuola non vi erano per lui orizzonti adatti, intu\'ec che il romanticismo era una sovrapposizione artificiosa e scolastica, intese che oltre la menzogna in buona fede vi doveva essere una \par verit\'e0 pi\'f9 limpida, magari pi\'f9 fredda, ma certo pi\'f9 viva e impellente. Quando i placidi idilli dell'Accademia, dove l'Hayez signoreggiava, venivano interrotti da gridi cupi di popoli \par insorti, da squilli di trombe, da secchi scoppiettii di fucilate, Filippo Carcano confrontava le due tendenze nel vivo dell'anima e forse giudicava che la vita \'e8 realt\'e0 e che solo nella \par realt\'e0 possono essere le forze e gli impeti dell'arte. Per queste cause, indivisibili da coloro che sentivano le aspirazioni dei tempi maturi, si inizi\'f2 in lui quel rivolgimento della sua \par coscienza artistica, che, con tante amarezze e con tanta povert\'e0, doveva dargli valida fama e giusta esaltazione. In lui il pianto delle folle reclamanti una patria si tradusse in ribellione \par verso la scuola; quello che le moltitudini facevano contro le tirannie statali egli fece, solo, contro la tirannide scolastica; spazz\'f2 via il romanticismo statico, come il popolo spazzava \par le dinastie esauste; impose alla pittura una visione pi\'f9 vasta della vita, come era stata imposta al suo Paese una visione pi\'f9 vasta dei propri destini. \par Assente in politica, incapace di concezioni ideologiche sociali, egli riserb\'f2 tutte le lotte della sua esistenza all'arte: e fece nell'\'e0mbito della scuola, con volont\'e0 pugnace e indomabile, \par quello che per cento citt\'e0 d'Italia facevano nel confine dei tre mari cento popoli in rivolta. Il periodo pi\'f9 umanamente profondo di Filippo Carcano \'e8 questo: che gli d\'e0 una coscienza personale, \par che gli insinua negli spiriti ardori iconoclasti, che anima le sue belle tele di una forza stupefacente di candore, di osservazione e di verit\'e0. Accanto a lui si agitavano parimenti infervorati \par il Cremona, il Ranzoni, il Bianchi, con molti altri: desiderosi di farsi persone. Il Barbarossa, l'Incendio di Gerusalemme, la Morte di Margherita Pusterla, che Filippo Carcano aveva dipinti \par per atto di obbedienza scolastica, a lui stesso sembravano lontani; cono lontana e arcigna gli appariva la folla: incerta tra l'ammirazione per il Pagliano, il Giuliano e il Formis e il consenso \par per il Cremona, che velava di non comune grazia certe sue languide sentimentalit\'e0. Egli non si stupisce e non si miccia; fatto di volont\'e0 e di coscienza, l'una e l'altra piega ad uno studio \par sapiente della natura, con una freddezza meravigliosa, pari soltanto alla forza della sua arte; con la sua timidit\'e0 sorridente e semplice va in cerca dei piccoli luoghi, dei chiusi ignorati, \par degli angoli raccolti; esamina, misura, intravede, sfida le maggiori difficolt\'e0, si indugia ad accarezzarle, le vince sorridendo, a tappe meditate, con sincerit\'e0 di risultati che meravigliano. \par Non vuole andare oltre il vero neppure con una pennellata: l'audacia lo sorprenderebbe come un inganno, perch\'e8 la verit\'e0 nelle arti figurative gli si presenta coi suoi aspetti geometrici, \par perch\'e8 gli effetti del colore scaturiscono per lui da rapporti intrinseci tra le luci e le loro essenze cromatiche. II suo occhio infallibile coglie i pi\'f9 piccoli particolari con un vigore \par singolarissimo, esercita nella configurazione complessa del quadro un potere di analisi inflessibile, si pretermette alle pi\'f9 accurate riproduzioni meccaniche ricreandole colla genialit\'e0 del \par suo intuito. La partita a bigliardo e La scuola di ballo sono gli esempi pi\'f9 puri della indomabile volont\'e0 di questo artista, che prepara nell'intimo del suo pensiero i grandi quadri di paese \par attraverso la dura disciplina della prospettiva. Maestro di s\'e8 stesso, senza guida di scuola, senza consigli di lezioni, non inteso dai compagni, combattuto con armi ineguali, accusato di \par lenocini mendaci, egli si trova solo, sbattuto dalle raffiche della vita, perso tra i suoi stessi orizzonti. Pochi amici credono alla meravigliosa potenza della sua prospettiva, molti invece \par lo accusano di servirsi della fotografia. Povero, intristito, incapace di difendersi, egli piange a trent'anni per le sue vittorie come pochissimi hanno pianto per le loro sconfitte..... \par Talvolta gli pare di avere errato e cerca altre forme pi\'f9 persuasive, pi\'f9 intese dalla folla: dall'interno va verso il quadro di soggetto, da questo al ritratto La lotta tormentosa molto spesso \par lo stanca e lo abbatte; egli non deve lottare soltanto per la sua giornata, ma per la stessa sua rinomanza. \'c8 il primo dei divisionisti, \'e8 il maggiore esponente dei quadri d'interno, \'e8 il \par pi\'f9 forte rievocatore della natura; ma tutto ci\'f2 gli si muta in dolore. I cenacoli artistici gli sono avversi, i giornali lo attaccano con impeto; sicch\'e8 egli \'e8 costretto a conoscere ad uno \par ad uno tutti gli scoramenti dell'arte, e deve sopportare la puntura di tutti gli strali e deve accogliere con sorriso le insinuazioni degli ignoranti. \par Ma lavora assiduamente, si dibatte contro il destino con tutte le forze, avvicenda vive speranze a profondi scoraggiamenti, e non trova che un cuore di donna e due deboli braccia capaci di \par accogliere amorosamente il suo pianto straziato. Una piccola donna che gli d\'e0 il viso per le sue tele, le carezze per le sue angoscie, il coraggio per le sue disfatte, l'amore per la sua \par giovent\'f9, il sacrificio per i suoi digiuni; una piccola donna che non \'e8 stata mai a scuola, ma legge profondamente nell'anima di lui; che non sa d'arte e di pittura ma avvolge d'uno schietto \par entusiasmo ogni quadro animato dal suo compagno; che si tramuta in dono votivo e sa vivere soltanto d'una grande vita riflessa, umile ed obbediente; una piccola donna, che, come ha diviso \par gli strazi della fame e gli entusiasmi della gloria con l'uomo adorato, se ne andr\'e0 con lui nella stessa bara, nel breve giro del medesimo giorno: simbolo ignoto d'una fede grande, d'un \par olocausto sicuro, d'una bella, ineffabile esistenza. \par \par Egli era in pieno vigore di vita, quando, passata la raffica del l'epopea italiana, s'erano chetati gl'impeti delle congiure, il romanticismo veniva gettato via come un brindello frusto, e \par qualcuno pi\'f9 consapevole andava gridando attorno con voci inusate nuove parole di forza e di dignit\'e0. Filippo Carcano, uscito oramai dagli ambienti limitati, fatto pi\'f9 audace dalla comunione \par dell'amore che dalla sua stessa natura, parve porgere attento l'orecchio alle nuove tendenze della vita. E mentre nello studio di via Agnello continuava a segnare con indelebile esattezza \par certe sue tele limpide, fresche e piene d'una bella dignit\'e0 di colore, il sole, che aveva visto con tenui riflessi dai brevi fori delle finestrette cupe, lo attrasse oltre le soglie consuete: \par dove un intrico di foglie e di rami, dove una breve radura, dove il nastro d'un rivolo fresco ne assorbono i raggi ed il tepore. Egli cominci\'f2 a intendere il mistero profondo delle cose, \par ne sent\'ec il grido imminente, fu prima attonito spettatore della vastit\'e0, poi lo sorprese a un tratto e con l'occhio sicuro ridusse nel limite d'una tela lo spazio senza confine. \par In quarant'anni, con assidua cura e con costante preoccupazione, aveva ordinato il suo pensiero a distribuire i piani dei suoi interni con effetti prodigiosi; seppe poi, e in poco tempo, \par largire nei quadri di paese un suo singolare equilibrio di distanze, un suo impeccabile rapporto di proporzioni, e fu - appena volle - uno dei pi\'f9 forti paesisti italiani. Non gli sorrideva \par l'esistenza e da presso e da lunge la miseria batteva alla sua porta, minacciando la sua casa; ma di lui si scriveva e si parlava con manifesta soddisfazione, n\'e8 pi\'f9 lo si accusava di asservire \par l'arte alla fotografia. Nel 1877 egli esponeva a Napoli Una passeggiata amorosa, Un mattino sul Lago Maggiore e una Ridda di Ninfe; tre anni dopo, a Torino, stampava l'orma pi\'f9 profonda della \par sua maestria di paesista. Erano gi\'e0 apparse due mirabili tele: Pace nei monti e Primo sole, dipinti a Cureglia sopra Lugano, in una delle consuete peregrinazioni dell'artista, quando la \par capitale del Piemonte si trov\'f2 al conspetto d'una somma di opere insigne: Prime nevi in montagna, Una via di Gignese, Pescarenico, Impressioni di estate, Molino e strada al Motterone, Allegria. \par Era una rivelazione; il Calderini e il Bianchi, che aspiravano in quella medesima mostra al premio di paese, se lo videro strappato dal Carcano, ma, anime pure entrambi, gli fecero giusto \par omaggio, e il Pescarenico trionf\'f2. \par Per questo artista, lo spazio non aveva segreti; la grande sinfonia della natura gli svelava tutti i suoi accordi e tutti i suoi motivi; le lagrime accidiose d'una grigia giornata sul verde \par incupito, come nella Pietra papale; la portentosa maest\'e0 dei campi constellata di casette solitarie, che hanno per confine lo spazio, l'orizzonte e l'azzurro della lontananza, come nella \par Pianura lombarda; la dolcezza mite e invidiata di un gruppo di case che si specchiano nell'onda in cospetto di altre rive silenziose, sotto urta tenue carezza di sole, come nell'Isola dei \par Pescatori. Egli soffuse d'una rigida bellezza i suoi panorami - rigida perch\'e8 coordinata ad una esatta osservazione della verit\'e0 senza mediazione di artifici - e si innamor\'f2 del silenzio per \par dargli una sua eloquenza particolare ed immanente. Nei suoi quadri di grande paese c'\'e8 un tumulto di genitura: la cantica eterna delle cose che si perpetuano senza pausa. Sdegnando l'ecloga \par che attrae gli altri pittori suoi contemporanei, egli corre verso l'epica e canta lo spazio e l'infinito nelle tele. Il quadro di soggetto \'e8 per lui una breve parentesi di ozio operoso, \par segna un lieto ritorno alla giovent\'f9 senza fortuna; l'artista esprime quasi sempre un intimo sentimento nostalgico, - vada pure - lancia una allegra sfida ai suoi antichi detrattori. Il dolore, \par il Vaporino, l'Ora di riposo durante i lavori dell'Esposizione sono la espressione dei diversi momenti della sua anima. Ma oramai egli \'e8 salito verso la rinomanza; \'e8 di umile gregario divenuto \par capo; ha imposto il suo nome e il suo metodo. In Lombardia si profila intanto tutta una schiera di valorosi che vorrebbero contendergli le vittorie. Alle porte della gloria si affaccia \par sicuro ed in atto di balda contesa il Segantini; il Previati si esalta nella concezione vasta delle sue grandi tele storiche. N\'e8 altrove si lavora e si lotta meno. Per tutte le regioni \par d'Italia \'e8 un fervore di ricerche e di innovazioni, nel nome della verit\'e0 assoluta circonfusa di una nobile poesia di forme. Si insinuano le gare dalle scuole, accenna i suoi primi impulsi \par il divisionismo, si scindono e si frazionano i gruppi, l'arte cerca nuovi equilibri e nuove stabilit\'e0. Filippo Carcano per venti anni, che sono gli ultimi del secolo scorso, rimane saldo \par sulle basi della sua rinomanza, continuando con opere insigni a dar limite agli spazi\tab Come il verde delle pianure ha cantato per lui strofe di suprema malinconia, come i fulgori di Venezia \par gli susurrano accesi ricorsi di strofe, le impervie azzurrit\'e0 adriatiche gli schiudono superbe maest\'e0 di colori, i silenzi dissepolti di Pompei gli affidano gravit\'e0 sincere di elegie\tab \par Sono di questo periodo La riva degli Schiavoni, le Impressioni veneziane, la Piazza di San Marco, La chiesa della Salute, In autunno, il verziere alla vigilia della commemorazione delle \par cinque giornate. E un po' pi\'f9 mature - dal 1580 al 1910 - sono La campagna di Asiago, la Manica, il Venerd\'ec Santo, lo Spoglio del melgone, due Autoritratti, la Banda ai giardini pubblici, \par le Prealpi Bergamasche, il Ghiacciaio di Cambrenna, la Mucca bianca, la Cura del latte e moltissimi altri. \par Egli ha veduto tanta terra e tanto mare, ha potuto lasciare Milano per Venezia, Venezia per Chioggia, Chioggia per il Tirolo, ha saputo cercare dovunque e comunque i grandi motivi per le \par sue tele. E la citt\'e0 sua lo rivede gi\'e0 famoso, gi\'e0 contento nella sua modestia, ma sempre desideroso di nuove forme, di nuove vittorie. Egli insegna l'infinit\'e0, fatto ogni giorno pi\'f9 ardito; \par forse non sa perch\'e8 e d'onde tragga la magnifica ispirazione delle cose grandi, forse il ricordo della prima giovinezza pensosa rivendica a s\'e8 stesso il diritto di vivere in comunione \par cogli spazi solitari. Ma ha imposto ad una scuola e ad un periodo il suo nome ed \'e8 entrato tranquillamente nella storia. Perch\'e8 e come ne esce, sognatore volontario di chimere, per sostentare \par la sua vecchiezza illustre di sentimentalit\'e0 inadatte alla sua natura? Perch\'e8 a un tratto pensa di poter rinchiudere l'universo nella cornice angusta del suo studio? Perch\'e8 ricopre di nubi \par le sue ultime tele, che prima aveva illuminate di cieli profondi? Forse non si viaggia invano per le cupe vie della vita senza lasciarsi attrarre dalle asserzioni audaci di nuove formole e \par di nuovi verbi sociali. E la maturit\'e0, alla quale l'esperienza dovrebbe aver dato un pi\'f9 sicuro equilibrio, \'e8 spesso adombrata da pentimenti. Allora l'artista dubita di non avere esaurito il \par suo compito vasto, di non aver profferto al mondo tutte le forme significative dell'arte e cerca di dar fondo a nuove manifestazioni, che sono quasi sempre il risultato di impressioni o di \par simpatie superficiali; allora l'artista si illude di aver bisogno anche del mediocre trionfo che procede dalla piccola ammirazione borghese, dalle esaltazioni delle demagogie che soffiano \par sull'arte come sulla politica. \par Filippo Carcano trascorreva gli anni della sua vecchiezza agiata ma sempre laboriosa tra lo sciamare insofferente del popolo - di quel popolo che in sessant'anni aveva assistito a tanti \par rivolgimenti e tanti ne aveva provocati - e ora, insofferente di egemonie esaltava con baldi clamori le uguaglianze delle classi, e sentiva confusamente che qualche cosa di nuovo e di \par grande fermentava nel mondo apparentemente tranquillo. Figlio di quel popolo, in quel grido anelante gli si rinnovavano pi\'f9 vivi i ricordi della giovinezza, confondendo il primo e l'ultimo \par tempo in una sintesi a lui stesso sconosciuta. Il lievito romantico degli anni pi\'f9 freschi non s'era disperso del tutto; in fondo al suo cuore erano rimasti sopiti i retaggi della scuola, \par i segni dell'accademia togata, i solchi delle insurrezioni epico-romantiche. Gli bast\'f2 di sognare e si cull\'f2 nel sogno. Non vide pi\'f9 le largure solatie, non ritrov\'f2 pi\'f9 le magnificenze delle \par primavere montane, non pens\'f2 alle albe sul mare tranquillo e suffuse di nebbie tenui: volle invece un'arte di riflesso, escogitata nel suo studio, nutrita di impressioni fuggevoli, alimentata \par dalle pi\'f9 mistiche esaltazioni. Gli parve a volte che l'arte dovesse avere un contenuto etico e concep\'ec certe sue tele bibliche con ingenuit\'e0 francescana; gli parve di dover diffondere la \par morale spicciola delle plebi in convulsione e s'affatic\'f2 a stemperare soggetti sociali; gli parve infine di dover dare il suo contributo di plauso alle conquiste mirabili dell'ingegno umano \par e si profuse a gettar nelle nubi, atomo volante, le vibrazioni invisibili di un velivolo. \par Sono di questo periodo i Credenti, Cristo che bacia l'Umanit\'e0, Vele azzurre, Le Streghe, L'Ideale che fugge, L'Areoplano e molte altre tele e acquarelli e pastelli, che egli profondeva, \par infaticabile, dal suo antico studio silenzioso ai suoi ammiratori. Molti ammiratori oramai: anche coloro che gli erano stati cagione di lagrime e di dolore! Perch\'e8 non era pi\'f9 povero, perch\'e8 \par la sua arte era stata riconosciuta ufficialmente, perch\'e8 qualche notevole decorazione - che non gli fregi\'f2 mai il petto - aveva dato maggior lustro alla sua fama. Lo pseudo spiritualismo di \par cui si compiaceva e si compiace tuttora la pittura dei nostri giorni non era nell'anima di Filippo Carcano che una sovrapposizione. Colui che si era ribellato da solo e per primo al formulario \par romantico con la nobilt\'e0 delle sue energie giovanili, non seppe rimuoversi dalla consuetudine di accogliere ci\'f2 che la stagione mediocre produceva e fu sottomesso al tempo. Probabilmente le \par sue facolt\'e0 creatrici s'eran troppo consumate in una lotta titanica per poter resistere all'et\'e0 che incombeva. Et\'e0 che non giov\'f2 alla sua arte: ma non gli sottrasse limpidit\'e0 di giudizio, chiarezza \par di analisi e confidenza benevola nei giovani. E tanti ne aveva attorno ogni sera, che gli facevano delicato omaggio, che sorridevano alla sua arguzia bonaria, che approffittavano di un suo \par consiglio fugace. Della prima e mirabile giovent\'f9 egli aveva infatti conservato un dispregio per tutte le cose vane e per tutte le false apparenze: dispregio che non si estolleva mai in invettive, \par ma si accontentava di uno strizzar d'occhi, di qualche breve staffilata verbale. Poi la bont\'e0, ch'era in lui la forza stessa della vita, spegneva quei lampi rapidi e dava al volto onesto una \par calma sicura come la coscienza. \par Bella coscienza d'artista! Anche nell'ultimo decennio della vita operosa, tra sonno e sonno, si ridestava per qualche notevole conquista e gli dava energie nuove per nuove opere. Talvolta \par le vastit\'e0 gli riparlavano della sua gloria, gli ringagliardivano la volont\'e0 del quadro di paese e allora ricomponeva gli spiriti in un supremo sforzo artistico. Da queste intermittenze uscirono \par Una nevicata, Pascoli e Dolomiti, La Campagna d'Orsenigo, Visioni di Brianza, e qualche altra tela, tra cui non ricorderemo quel Giuda che getta la borsa: riproduzione tardiva di un'opera \par antecedente, nella quale egli provava per la prima volta anche una certa disposizione alla plastica. Certo nella sua stessa Milano l'esistenza gli fu variamente amareggiata: e quando gli \par avevano negato la vera grandezza e quando - ben pi\'f9 tardi - fingendo di averlo dimenticato, volevano giudicarlo alla stregua dell'ultimo suo periodo. N\'e8 gli ultimi venuti avevan modo di \par alimentare di validi esempi' la loro ammirazione, perch\'e8 la grande opera del Maestro era troppo dispersa e perch\'e8, d'altra parte, le ultime forme della pittura erano troppo violenti per \par potersi accostare a periodi recenti per quanto non sorpassati. Ma egli non si sdegnava per questa irriconoscenza: quando parlava di s\'e8, delle prime angosce, delle prime lotte, gli occhi gli \par si empivano ancora di lagrime e tutto il suo cuore di grande fanciullo fremeva di commozione; quando accennava al tempo pi\'f9 pugnace della sua vita un sorriso d'una dolcezza soave spianava \par la sua fronte gagliarda e maschia e subito dopo volgeva uno sguardo a Colei che era stata la sua fede ignota e la seconda anima sua: e parevano entrambi aspettare con immensa fiducia la \par loro grande giornata di riscossa. La grande giornata che fu l'ultima: tranquilla, raccolta, silenziosa, nella piccola casa che aveva alimentata una immutabile castit\'e0 di passione e vedeva \par uscir due bare insieme, nella medesima ora, avviate allo stesso sepolcro. E attorno alla duplice salma si raccolsero antichi compagni dalla romantica chioma canuta e scapigliata, promesse di giovent\'f9: gli \par uni per ricordare la gloria scomparsa gli altri per intenderne i bagliori lontani: tutti consapevoli d'una gagliarda affermazione di volont\'e0 e di coscienza, la cui traccia si andava facendo \par sempre pi\'f9 durevole nel solco della vita. \par ALMERICO RIBERA \par \par }